Micro management vs valore condiviso

Scritto il 31/01/2024
da Francesco Messina

Oggi mi sono trovato a riflettere sulla diffusa difficoltà di delega e tentazione ossessiva del micro management presente in molte aziende ad opera per lo più di imprenditori o manager di alto livello.

Fai un check:
  • ti senti infastidito se le persone raggiungono il risultato con strumenti e metodi diversi dai tuoi?
  • valuti soprattutto il come lavorano anziché concentrarti su cosa ottengono?
  • in fondo non ti fidi perché nessuno sa fare le cose bene come te?
  • senti l'insopportabile sensazione di avere sempre ragione e cogli gli altri in fallo, incapaci di avere notato dettagli evidenti e fondamentali?
  • sei convinto che nessuno abbia a cuore l'interesse aziendale quanto te?
  • ti trovi spesso a pensare: lo faccio io, mi sbrigo prima?
Perfetto, sei anche tu affetto da micro managerialità, non è facile guarire, ma la strada che percorri di certo fa soffrire te e le persone che ti stanno accanto.

Per scoprire come si sconfigge, prima dobbiamo capire dove si annida il morbo.

Non è facile: se guardi all'esterno, ai dipendenti demotivati, alla scarsa attenzione ai dettagli, all'assenza di comunicazione, pensi che la cura sia una iniezione di KPI, un bel supporto di aumenti ai meritevoli, magari una bella attività di team Building per poi scoprire che tutto ritorna come prima o peggio.

Il punto nodale è avere visione e capacità di condividerla.

Fin quando penserai che l'obiettivo è il profitto o peggio il fatturato, sarai giustamente convinto che nessuno ci tiene come te, perché alla fine "i dipendenti sono nemici pagati".
Fin quando non avrai consapevolezza di quale specifica gioia fornisci al cliente, sarai inevitabilmente costretto a pompare il tuo ego, solo di fronte al mondo ingrato. Non appena troverai il valore immateriale che spiega ciò che realmente i tuoi clienti apprezzano, potrai portare tutti i dipendenti al cospetto di questo grande quadro e fare si che tutti vedano ciò che al cliente è già chiaro.

Non è strano che i dipendenti che hai assunto da più tempo, con i quali ti confidi, sono più motivati degli ultimi assunti? Non è un problema generazionale, il problema è la distanza siderale tra il loro lavoro e gli effetti del loro lavoro.

Oggi si parla tanto di Sinner, io non sono nella sua testa, ma ho ascoltato una sua intervista: "Fuori dal campo i più grandi tennisti sono persone comuni, ciò che apprezzo di giocatori come Novak è che entrano in campo e si divertono, da vent'anni". Non ha detto che apprezza quanti punti fa e manco quanti soldi ha, vuole divertirsi ai massimi livelli.

Porre il fatturato o il profitto come obiettivo è come porre i punti in classifica come obiettivo (produrrebbe un'ansia e uno stress tremendo, fino a paralizzare le membra).
Se poni come obiettivo il valore che vuoi dare e ciò che vuoi essere, il fatturato o il profitto sono la logica conseguenza.

Ci stai dicendo che il budget non serve a niente?
No, assolutamente no. Sto solo dicendo che la barra dritta è impostata sulla ricerca del valore per i clienti e per i dipendenti e che se questo erode denaro vuol dire che non lo stiamo facendo in modo sostenibile, quindi dobbiamo stare attenti al budget, ma dopo aver chiarito chi siamo e chi vogliamo essere.
È solo quando comprendi con esattezza qual è il valore che l'azienda permette di esprimere, quale gioia e serenità riesce a dare ai clienti, che si apre lo spiraglio per un approccio differente.

Una pizzeria può scegliere di offrire un momento di serenità in un ambiente familiare, di essere la più rapida nel servizio o la più esclusiva della città. Una società di noleggio auto può orientarsi nell'offrire il prezzo più basso o il maggior comfort possibile ai propri clienti.
A ciascuna scelta corrisponde un determinato tipo di valore trasmesso ad un determinato target. Se il valore è chiaro, puoi scegliere una compagnia di eroi (i dipendenti) che abbia voglia di innamorarsi nel trasmettere quel valore. E se è innamorato dell'obiettivo finale, il dipendente colmerà le sue lacune, imparerà ciò che oggi ignora, si adatterà e sarà sincero con il management.

Se riesci nell'intento di comprendere il valore da fornire non dovrai temere di mantenere un controllo maniacale, ma dovrai assicurarti di avere a bordo solo innamorati.
Bonus: un sistema sano espunge in automatico i non innamorati (poiché distonici in quel contesto).

Mi è capitato di recente di lavorare presso il Banco Alimentare della Sicilia ODV. E' una struttura che permette a centinaia di migliaia di persone di avere un pasto giornaliero e tramite questo pasto, consente alle comunità locali di sostegno di avvicinarsi alle persone che vivono profondo disagio e magari aiutarle ulteriormente.
Io non ho mai visto una comunità di dipendenti più motivata, allineata, pronta al sacrificio e competente, in fondo non sono diversi nel lavoro quotidiano da un magazzino di logistica, ma nel loro impegno quotidiano c'è una scintilla che nessuna società di logistica potrà mai eguagliare.

Il mix che porta al merito finale è sicuramente complesso, ma la vicinanza tra il proprio lavoro ed il beneficio per l'utente finale da gioia a chi lavora ed è palpabile. In questa azienda ogni persona lavorerebbe anche gratis! A riprova di ciò numerosi volontari si aggiungono al personale per dare una mano quotidianamente.
Nelle aziende la catena tra il proprio lavoro e il beneficio per il cliente finale può diventare così lunga che reparti interi possono perdere di vista la ragione d'essere del proprio ruolo, della propria divisione e dell'azienda nel suo complesso.

Il leader dovrebbe spendere tutto il suo tempo a comprendere se questa immateriale essenza che sinteticamente chiamiamo valore sia radicata e consapevole.

Cosa c'è di più bello di avere un'azienda piena di persone innamorate nel perseguire un obiettivo comune?