Il 15 luglio 2022, dopo un lungo iter e significative correzioni è entrato in vigore il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII) di cui al DLgs. 14/2019, così come modificato, da ultimo, dal DLgs. 17 giugno 2022 n. 83. Il nuovo Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII) impone all’imprenditore un approccio preventivo alla gestione della crisi d’impresa
Per chiarimenti su come vada interpretata sul piano pratico la nuova normativa
fissa un call conoscitiva
Codice Crisi d’Impresa 2022 cosa cambia
Il cuore della riforma 2022 della crisi d’impresa è il sistema di allerta.
L’impresa deve dotarsi di un sistema che consenta una diagnosi precoce dello stato di difficoltà, evitando che il ritardo nel considerare i segnali di crisi possa condurre ad uno stato di crisi irreversibile. La necessità di dotarsi di adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili, così come previsto dal secondo comma del novellato art. 2086 del Codice Civile, in vigore dal 16 marzo 2019, anche al fine di rilevare tempestivamente la crisi e l’eventuale perdita della continuità aziendale, ha provocato l’inserimento del nuovo art. 3 (“adeguatezza degli assetti in funzione della rilevazione tempestiva della crisi d’impresa”) nel testo del decreto legislativo che modifica il Codice della Crisi.
In base al comma 1 dell’art. 3 del DLgs. 14/2019, “L’imprenditore individuale deve adottare misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi e assumere senza indugio le iniziative necessarie a farvi fronte.
Il successivo comma 3, per la prima volta definisce le caratteristiche che deve presentare l’assetto dell’impresa per poter essere ritenuto in linea con le previsioni dell’art. 2086 c.c., cioè in grado di prevedere tempestivamente l’emersione della crisi.
Gli assetti d’impresa “devono consentire di:
a) rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore;
b) verificare la sostenibilità dei debiti e le prospettive di continuità aziendale almeno per i dodici mesi successivi e rilevare i segnali di cui al comma 4;
c) ricavare le informazioni necessarie a utilizzare la lista di controllo particolareggiata e a effettuare il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento di cui all’articolo 13, al comma 2”.
Il nuovo Codice, impone all’imprenditore un approccio preventivo alla gestione della crisi d’impresa, rendendo imprescindibili strumenti di programmazione quali il piano industriale e il budget. Si tratta, in sintesi, di rafforzare i sistemi di controllo interno, orientandoli al recepimento delle difficoltà economiche-finanziarie prima che queste sfocino in un vero e proprio stato di insolvenza.
Tali obblighi incombono innanzitutto sugli amministratori. Più specificamente spetta a questi ultimi:
- definire l’assetto organizzativo;
- valutare il prevedibile andamento della società;
- valutare l’equilibrio finanziario e la sostenibilità del debito.
All’organo di controllo spetta invece il compito di vigilanza sull’adempimento di quanto sopra.
Occorre precisare che l’assetto amministrativo-contabile mira alla corretta rilevazione contabile della gestione, mentre quello organizzativo esige l’implementazione di specifiche procedure e di regolamenti.
A livello operativo, emerge così l’opportunità di definire un sistema documentale descrittivo relativamente all”assetto:
- organizzativo: organigramma, procedure, regolamenti, deleghe;
- amministrativo dell’impresa: budget e business plan;
- contabile: implementando sistemi gestionali
- dell’analisi dei rischi e degli indici di bilancio, anche tramite la rendicontazione del cash flow prospettico.
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Crisi d’impresa 2022: dagli indici di allerta alla sostenibilità del debito
Rispetto alla prima versione del Codice della crisi l’attuale disciplina di legge ha introdotto un cambiamento radicale.
Superati normativamente gli indici di allerta la normativa della Crisi d’impresa in vigore dal 15 luglio 2022 prevede che l’azienda debba dotarsi di un assetto che le consenta di verificare la sostenibilità dei debiti e le prospettive di continuità aziendale almeno per i dodici mesi successivi (vedi lettera b).
Da un lato, l’art. 2086 c.c. precisa che l’assetto debba essere “adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa”, riconoscendo come è logico che l’assetto di una grande impresa non possa che essere diverso da quello di una piccola, ma poi, con l’art. 3 del Dlgs. 14/2019, estende a tutti l’obbligo di verificare la sostenibilità dei debiti e le prospettive di continuità aziendale almeno per i dodici mesi successivi.
Sul piano tecnico, per poter rispettare tale richiesta, l’impresa dovrebbe essere in grado di predisporre i flussi di cassa prospettici che generalmente si rappresentano in un budget di tesoreria mensilizzato, da aggiornare periodicamente (es. ogni mese) per fare in modo che abbracci sempre i dodici mesi successivi (rolling). Finora tale attività era richiesta solo in sede di redazione del bilancio d’esercizio annuale, al fine di poter verificare la continuità aziendale.
Va considerato che se il budget di tesoreria è lo strumento principe per monitorare la sostenibilità del debito e la continuità, allo stesso tempo, le imprese meno strutturate potrebbero ricorrere a indicatori più semplici, come la stima dell’EBITDA prospettico, quale indicatore della capacità dell’impresa di produrre risorse finanziarie potenziali, da confrontare con gli impegni finanziari assunti, con riferimento all’arco temporale dei dodici mesi successivi.
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